lunedì 10 agosto 2015

Il blog di Beppe Grillo sull’immigrazione: il razzismo a 5 stelle



A chi non è affetto da Alzheimer e conserva ancora qualche cellula cerebrale per le più basiche sinapsi, il post del pentastellato consigliere comunale di Torino, Vittorio Bertola, contenente proposte politiche in tema di immigrazione, non avrà procurato neanche un minimo spostamento del sopracciglio destro. Il post non rappresenta, infatti, nessuna novità circa le posizioni (cripto)fasciste e di destra, dunque razziste, espresse da molti esponenti di tale movimento, sia prima che dopo l’alleanza europea con Ukip. Un mix di ignoranza, di razzismo, di linguaggio da bar e di brama populista, mirante a togliere voti e simpatie a forze politiche più simili (almeno rispetto all’idea complessiva di società), ovvero al cartello elettorale Lega Nord-Casa Pound, permea molte parole delle proposte del consigliere.
In altri tempi, soffermarsi a leggere – figuriamoci poi ad analizzare – testi simili sarebbe stata una palese perdita di tempo, anche perché i ragionamenti (si fa per dire) contenuti nel testo costringono a scendere ad un livello molto basso della riflessione, ovvero impongono prima di ogni altra cosa lo smascheramento delle falsità delle informazioni: non c’è spazio per la discussione se non su un piano di verità. Senza questa operazione primaria, ma essenziale, risulta molto difficile provare a smontare la retorica vuota che nasconde la struttura razzista del testo. Ma chi produce e riproduce l’odio e il razzismo nei confronti dei profughi oggi in Italia – che serve a legittimare quella che è stata giustamente definita “guerra agli immigrati” – conta molto su questa strategia comunicativa, che possiamo anche definire “shock and awe strategy” (“stordisci e sgomenta”).
Prima di proporre qualsiasi analisi o misura concreta da intraprendere, si forniscono dati “shock”, tutti falsi oppure abilmente intrecciati con pochi veri; poi, una volta ottenuto lo stordimento del (e)lettore, si introduce qualche finto elemento di analisi, qualche domanda retorica oppure si fa riferimento a qualche episodio di cronaca nera o giudiziaria (che poco o nulla c’entra con l’argomento, ma tant’è) per creare sgomento e spianare così la strada alla proposta concreta che arriva puntuale alla fine. La proposta solitamente appare semplice (cioè semplicistica): “giro di vite”, “tutti a casa, anche a forza se necessario”, “niente ricorsi” etc., ma senza mai spiegare dettagliatamente il come e – non ne parliamo neanche – della fattibilità e dei costi. Naturalmente, si inserisce qua e là qualche finta distinzione tra profughi buoni e profughi cattivi (“chi ha diritto e chi non ne ha”), anche perché occorre pur sempre conservare un appeal istituzionale per rendersi interlocutori “credibili”. Ciò che abbonda, fino alla nausea, è la contrapposizione tra “noi” e “loro”: “pagato da noi”, “ a spese nostre” e altre espressioni simili (senza mai andare a leggere i dati Istat sulla ricchezza prodotta dalle popolazioni straniere in Italia, ricchezze di cui lo Stato italiano si appropria e che solo in parte spende per loro).
Ora, io non so se il consigliere è consapevole di tutto ciò, oppure se riproduce inconsapevolmente strategie sviluppate da altri. Non è importante. Potrebbe importare a coloro che vogliono conoscere il livello di acume del consigliere, ma a me non importa sapere ciò. La ritengo del tutto irrilevante. Ciò che è importante qui è smascherare il razzismo delle sue proposte. Nello spazio di un post, però, non si possono proporre analisi lunghe, bisogna essere sintetici ed efficaci. Dunque, sono costretto a scegliere cosa dire e cosa non dire: mi limiterò pertanto a rivelare soltanto le falsità (e neanche tutte) delle cose scritte, il resto della decostruzione la lascio a chi legge e ha voglia di esercitarsi.
1. Solo l’Italia concede in massa permessi per motivi umanitari, afferma nel primo punto del documento il consigliere comunale (“Da noi quasi un asilo politico su due viene dato a persone che non ne avrebbero diritto secondo i trattati internazionali sui rifugiati, ma che noi accogliamo comunque per gravi motivi umanitari”).
Non è vero. Il permesso per motivi umanitari esiste in quasi tutti i paesi dell’Unione europea. I dati forniti dall’Eurostat smentiscono poi il fatto che in Italia si faccia un abuso di tale titolo di soggiorno. Semmai, in Italia, si registra un minore riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria rispetto ad altri Paesi europei, nei confronti di persone e popolazioni provenienti dalle medesime zone di guerra e persecuzione. E’ questo che ha denunciato l’Unhcr, ovvero l’Agenzia Onu che si occupa di rifugiati e richiedenti asilo. In ogni caso, affinché sia chiaro, in Italia, tale permesso è rilasciato: a) quando la Commissione territoriale raccomanda al Questore di rilasciare tale documento quando ricorrono “seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano” (eh, mi spiace, esiste ancora formalmente in vigore la Costituzione, che cosa possiamo fare?); b) quando ricorrano gravi motivi di carattere umanitario (come ribadito più volte dai Tar, - noti centri eversivi in questo Paese - si veda, per tutte, la sentenza Tar Lazio n. 8831/2008); c) in caso di riconoscimento della protezione temporanea, ai sensi dell’art. 20 del TU, per rilevanti esigenze umanitarie, in occasione di conflitti, disastri naturali o altri eventi di particolare gravità in Paesi non appartenenti all’Unione Europea; d) quando lo straniero è inespellibile ai sensi dell’art. 19 del D. Lgs n. 286/98, perché in caso di ritorno potrebbe rischiare l’incolumità propria e della famiglia (bazzecole, che vogliamo che sia mai?);e) quando si tratta di persone inserite in programmi di protezione sociale in favore delle vittime di sfruttamento.
Quindi, che cosa si sta proponendo, di cancellare la Costituzione e quelle poche norme umane che esistono a garanzia dei diritti inviolabili? E’ questa la proposta?
2 e 3. Chi non è riconosciuto come rifugiato deve essere spedito a casa “a forza se necessario” e, per di più, (si veda il punto 3 della proposta) non è da considerare soggetto degno di godere delle tutele giuridiche e processuali garantite agli altri individui che calpestano il territorio nazionale.
Sarò veloce su questi due punti: prima ancora di qualsiasi considerazione delle leggi in vigore, nazionali ed internazionali, bisognerebbe che qualcuno prenda sul serio queste proposte geniali (ma com’è nessuno ci aveva mai pensato?) e con una matita e una carta faccia i calcoli dei costi economici e finanziari di tale proposta. Dopodiché, venga a dirci quante manovre finanziarie servirebbero per far fronte a simili operazioni. Piuttosto, ciò di cui si sente fortemente il bisogno è sviluppare una seria riflessione collettiva per comprendere a chi giova davvero avere sul territorio masse di persone/lavoratori senza documenti. Quanto alla proposta sui tribunali speciali per i profughi, posso solo segnalare che non è nuova nella storia, a cominciare dalla Magna Carta ad oggi, pertanto ulteriori commenti sarebbero superflui.
4. Sulla necessità di trasformare l’accoglienza in accoglienza custodiale, cioè in una prigione, ci sarebbe molto da scrivere, in termini sociologici e antropologici, cioè sul concetto di accoglienza nelle società odierne. Mi soffermerò però soltanto sulla parzialità (e dunque la falsità) dell’informazione data per giustificare la proposta del carcere per i profughi, ovvero la notizia che un profugo a Torino abbia commesso rapine mentre era ospitato in uno Sprar. Ebbene, senza voler contestare i fatti riportati nel testo del consigliere, e senza stare qui a dire che non tutti sono uguali (ancora a questo punto stiamo dopo decenni di immigrazione?) io riporto a mia volta altri dati: secondo le statistiche delle prefetture del Nordest “dove ci sono i profughi i reati sono in calo”. Allora, come la mettiamo?
Io chiudo qui. Voi continuate a scovare le falsità del documento. Potrebbe essere un bel gioco sulla spiaggia.

domenica 9 agosto 2015

Sergio Staino scrive a Gianni Cuperlo: "Non vi sopporta più nessuno: così uccidete la sinistra"


 
"Caro Gianni, non vi sopporta più nessuno: così uccidete la sinistra". Gianni è Cuperlo, esponente della sinistra dem che ha sfidato Matteo Renzi all'ultimo congresso del Pd. Mentre l'autore del j'accuse è Sergio Staino, il vignettista inventore di Bobo, che in una lunga lettera pubblicata sull'Unità chiede a colui che aveva sostenuto come segretario del partito di non distruggere il Pd.
"Già il fatto che tu metta sullo stesso piano le mie critiche a Berlusconi con le mie mancate critiche a Renzi, dimostra per l'ennesima volta un errore di valutazione in cui tu mi sembra sia caduto in pieno: considerare simili Berlusconi e Renzi (...) Oggi, così come vi comportate con Renzi, a mio avviso state pericolosamente aiutando una futura tragica vittoria di un Salvini o un Grillo."
Staino poi se la prende con i vecchi dirigenti del Pd. (...).
"Si autoassolvono pensando che Renzi non c'entri niente con loro, che sia come un fungo nato dal nulla, un fungo malefico che va estirpato in modo che il partito ritorni nelle loro mani. Quale sogno demenziale e quale cecità politica nel rinunciare caparbiamente ad una verità dura ma realistica: tutti loro, Gianni, sono ormai fuori dalla storia, nel bene e nel male hanno fatto il loro tempo e sono, come capita a tutti, finiti".
Il vignettista pone anche la sua attenzione sugli scopi della minoranza Pd. "Allora, ti chiedo, che senso ha fare una guerriglia interna al Pd quando non si hanno obbiettivi su cui spostare l'opinione, le speranze e la forza dei nostri elettori? Cosa stai offrendo di concreto al loro smarrimento? Nulla. Solo la coscienza che Renzi è una merda. E allora? È chiaro che questo genera scoramento, amarezza e anche al miglior compagno viene la voglia di dire "ma andate a fare in culo tutti quanti". In questo modo state uccidendo la sinistra, date un'immagine di voi stessi come degli estremisti disperati che urlano su tutto e tutti senza sapere cosa proporre (...) Dovete smetterla con questa strategia suicida. Vai fra la gente, esci fuori dal gruppetto della Sinistra Dem e dai quattro vecchi marpioni che vi sovrastano. Vai fra la gente, come ho fatto io in varie situazioni, in un cinema affollato, in una trattoria, in un autobus e urla: "questa Sinistra Dem ci sta veramente scassando i coglioni". Avrai come risposta una standing ovation, non vi sopporta più nessuno tranne, ovviamente, Renzi il quale con il vostro atteggiamento così assurdo e fuori dalla storia del nostro partito, si può permettere di twittare: "Tanti auguri ai gufi"".

mercoledì 5 agosto 2015

"Thriller trilogy", quota 6.000 !



Buongiorno a tutti!
Non ho portato il mio eBook sulla vetta di una montagna in Nepal! 6.000 è il numero raggiunto delle copie vendute del mio best seller "Thriller trilogy". Questo libro è stato un esperimento direi ottimamente riuscito, altrimenti non si spiegherebbe il fatto che ormai a due anni di distanza dalla sua uscita, continui a vendere tante copie. Devo dire che sono veramente entusiasta di questo successo. A questo libro sono particolarmente affezionato e spero che continui a suscitare emozioni nei suoi lettori.    

lunedì 27 luglio 2015

Il degrado di Roma siamo noi



Da romano che spende lunghi periodi all’estero, la prima cosa che noto quando torno a Roma è la sporcizia, perfino fra le piste di atterraggio dell’aeroporto di Fiumicino (fateci caso). Sporcizia che, temo, in città esisteva da prima che Ignazio Marino fosse eletto sindaco. I romani mi diranno: “E’ vero, ma oggi è peggio di prima” e questo pure è vero, e ne so il motivo: il sindaco attuale ha fatto chiudere nel 2013 il sistema Malagrotta (la discarica di Roma che per alcuni decenni ha gestito in regime di sostanziale monopolio l’intera raccolta di rifiuti della città, trattandoli in modo non conforme alle leggi e pericoloso per l’ambiente) applicando una direttiva europea ed evitando alla cittadinanza di dover pagare una cospicua multa. In una città normale, questo non avrebbe comportato un peggioramento della raccolta dei rifiuti, ma a Roma c’è, come sappiamo, un capillare sistema criminale che sa come opporre resistenza al legittimo potere politico locale che, di punto in bianco, decide di non tenere conto degli interessi di Mafia Capitale.
Questi però sono discorsi di macro-politica/criminalità. Che ci riguardano tutti, intendiamoci bene, ma fino a un certo punto. Qui invece voglio fare un discorso di micro-politica e tirare in ballo il comportamento del singolo cittadino romano.
Mi riferisco al cittadino romano che ha un cane, e lo porta a defecare sul marciapiede senza poi raccoglierne gli escrementi e gettarli nel contenitore dell’umido, come succede in tutte le altre città occidentali del mondo.
Mi riferisco al cittadino romano che prende le bici del bike sharing. Nel senso letterale: le prende, le smonta e si rivende i pezzi, affossando così un servizio che nel resto del mondo (anche non occidentale) prospera.
Mi riferisco al cittadino romano che prende le auto del car sharing. Come sopra, o che si diverte a vandalizzarle o lasciarle col serbatoio vuoto: haha, bada, che sghicio.
Mi riferisco al cittadino romano che fuma, e poi getta il mozzicone di cicca per terra, anziché spegnerlo nelle apposite ceneriere. Con l’aggravante che se a terra hai dei sampietrini di origine antico romana (e permettetemi di sottolineare la cosa: se hai l’incredibile fortuna di avere a terra dei sampietrini di origine antico romana), magari il filtro s’insinua fra un cubetto e l’altro e rimane là in saecula saeculorum.
Mi riferisco al cittadino romano giovane, con la gomma in bocca. Fino a che non la sputa sul marciapiede, dove rimarrà anch’ella in saecula saeculorum, a meno che un assai pio netturbino passi con una sostanza chimica e un raschietto gomma per gomma. Troppo anche per la città santa, no?
Mi riferisco alla cittadina romana, magari di una certa età, che va nelle aiuole del giardino sotto casa a sradicare le rose o le viole, e che se le dici qualcosa ti risponde: “Ma che vuole? Non sono mica sue, queste non sono di nessuno!
Mi riferisco al cittadino romano che produce immondizia e non si cura di differenziarla. Poi magari butta l’intero sacco di immondizia poggiandolo con grazia di fianco al cassonetto e non dentro, perché sai, fa un caldo, e voja de aprì er cassonetto sartame addosso che io me scanso.
Mi riferisco al cittadino romano amante della musica. Del suo clacson, che suona come sfogatoio delle sue frustrazioni quotidiane. Suònate ‘stacippa.
Mi riferisco al cittadino romano che si lamenta del traffico di Roma, salvo poi parcheggiare sempre in doppia fila e spesso in curva (un caso per tutti: andate a vedere Via Nemorense fra piazza Acilia e piazza Santa Emerenziana, che non è Tor Bella Monaca ma l’elegante Quartiere Trieste. Non trovi parcheggio? Vai in un garage, arriva in autobus, a piedi, in bici, in monopattino, in taxi. Non parcheggiare in doppia fila. Punto.)
Mi riferisco al cittadino romano che guida uno scooter. Sui marciapiedi o sulle corsie preferenziali di autobus, taxi, ambulanze e polizia, perché si sa, l’idea di stare in fila dietro le auto nella corsia per il traffico normale, come prescrive il Codice della strada, è una ipotesi da: “Me stai a cojonà?
Mi riferisco al cittadino romano che lavora per Atac, non importa se come manager o semplice autista, e con i suoi comportamenti ha contribuito a diffondere il credo che “ATAC” non sia un acronimo ma la prima parte dell’espressione romana “Ataccatearcazzo“. E visto che sono ore in cui va di moda un video di un autista Atac che spiega come tutto dipenderebbe solo dalla “MM”, cioè dalla “mancanza materiale” per riparare i mezzi – cosa che sicuramente è un problema da affrontare, e bene ha fatto il sindaco a licenziare i manager responsabili dello sfacelo – faccio notare che su You Tube sono presenti dozzine di video che testimoniano come i bus della capitale siano spesso guidati da dipendenti che assumono, diciamo così, un comportamento anti-professionale. Lo stesso vale per quei cittadini romani che dovrebbero guidare le metropolitane, che scioperano perché il sindaco gli vuole imporre – udite udite – di timbrare il cartellino in entrata e uscita dal lavoro. Quale affronto, eh? Non che in sé la timbratura del cartellino garantisca da comportamenti criminali, come sappiamo, ma insomma, è un modo per cercare di monitorare e limitare fenomeni di questo genere.
Mi riferisco al cittadino romano che possiede un taxi. E non occorre aggiungere altro.
Come immaginate, potrei continuare a lungo. Se questi e altri mille comportamenti non sono affrontati a livello micro, possiamo fare sindaco anche Churchill redivivo, ma la situazione non migliorerà.

, Scrittore e giornalista

sabato 25 luglio 2015

Rc auto: cosa succede in caso di incidente con un veicolo non assicurato?



Secondo i dati diffusi ad inizio mese relativi all’anno 2014 dall’Ania (Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici), sono quasi 4 milioni i veicoli circolanti sul territorio nazionale privi di assicurazione RC auto, pari al all’8,7% dell’intero parco auto che ogni giorno percorre le arterie del nostro Paese. Il dato diffuso a inizio luglio, di per sé già sconcertante, assume una maggiore gravità se confrontato con quello del 2013 in quanto le auto senza assicurazione sono aumentate da 3,5 a 3,9 milioni, in sostanza circa 1 automobilista su 10 viaggia senza copertura assicurativa.
Nel rapporto Ania è indicata anche la distribuzione di questo fenomeno che presentava dati diversi a seconda delle zone: più alta al Sud (13,5%) e al Centro (8,5%), meno al Nord (6,2%). Se un automobilista su dieci viaggia liberamente senza una polizza RC, vuol dire anche che nel malaugurato caso di incidente abbiamo una possibilità su dieci di incontrare quell’automobilista fuori legge. Un fuorilegge perché è bene ricordare che chi viaggia senza assicurazione sul proprio veicolo non è un simpatico buontempone che “rischiando” risparmia il costo della polizza, ma è un individuo che infrange la legge, precisamente l’articolo 193 del Codice della strada e rischia una multa che può variare da un minimo di 841 euro ad un massimo di 3.287 euro.
La domanda che mi è sorta quindi è stata: ma se dovessi avere un incidente con un soggetto non assicurato, come dovrei comportarmi? Domanda che ho rivolto direttamente a un agente assicurativo.
La sua risposta è stata che nel caso in cui la nostra polizza sia una Kasko o abbia una garanzia Collisione possiamo stare tranquilli. Nel primo caso, si tratta di una polizza in cui l’assicuratore si impegna a indennizzare l’assicurato per i cosiddetti “guasti accidentali”, ossia i danni materiali e diretti subiti dal veicolo assicurato, nel secondo caso invece la garanzia collisione assicura l’auto per tutti i danni derivanti da collisione con un altro. In entrambi i casi è fondamentale che il veicolo con cui abbiamo avuto lo scontro venga identificato, quindi sarà importante riuscire a segnarsi il numero di targa.
Nel caso in cui la nostra polizza non abbia una garanzia Collisione o non sia una Kasko, in caso di incidente con un soggetto non assicurato l’unica via è adire al Fondo di garanzia per le vittime della strada, che ha il preciso compito di intervenire tutte le volte che in un incidente stradale viene coinvolto un mezzo non assicurato oppure un mezzo che non viene identificato. Il Fondo di Garanzia per le vittime della strada si attiva su richiesta del danneggiato, la richiesta di risarcimento deve essere inviata alla compagnia assicuratrice che gestisce la procedura all’interno della regione nella quale è avvenuto l’incidente. L’intervento del Fondo per i casi indicati di seguito è limitato al massimale di legge vigente al momento del sinistro.
Per chi si chiedesse con quali finanziamenti venga alimentato questo Fondo, deve sapere che tutti quelli che pagano regolarmente l’assicurazione del proprio mezzo contribuiscono al finanziamento con un’aliquota obbligatoria del 2,5% applicata ad ogni premio RC Auto.
Tutti ci auguriamo di non avere mai incidenti, ma nel caso capitasse e accadesse proprio con un fuorilegge non assicurato, almeno adesso sapete come fare.

giovedì 23 luglio 2015

Nozze gay, l’Unione europea non c’entra niente



Una precisazione: la sentenza della Corte di Strasburgo sul riconoscimento legale per le coppie dello stesso sesso non c’entra niente con l’Unione europea.
La Corte europea dei diritti umani (Cedu) con sede a Strasburgo ha stabilito che l’Italia deve introdurre il riconoscimento legale per le coppie dello stesso sesso. Al di là del giudizio di merito sulle unioni Lgbt, va sottolineato che l’opinione pubblica e buona parte dei media italiani hanno erroneamente attribuito la responsabilità di questa decisione all’Ue o all’Europa. In realtà la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo non è un’istituzione dell’Unione europea bensì un organo giurisdizionale internazionale alla quale aderiscono tutti i 47 membri del Consiglio d’Europa, un altro organo che non fa parte dell’Unione europea.
Un’inutile precisazione? Assolutamente no. In Italia troppo spesso si attribuiscono prese di posizione, sentenze e leggi ad una fantomatica “Ue” che in realtà vuol dire poco o niente. “L’Ue impone le unioni gay”. “L’Ue vieta il tonno rosso”. “L’Ue vuole l’austerità”. Tre frasi in bocca a milioni di persone, tre titoli letti in migliaia di giornali, non solo scorretti ma a ben guardare faziosi. Direttive, sentenze, prese di posizione e tanto altro sono il frutto di processi riconducibili a organismi ben più precisi che la generica “Ue” e che spesso, come nel caso della Cedu, non c’entrano niente con l’Unione europea.
Per comprendere i rischi che si corrono a buttare tutto nel calderone della “Ue”, è come se in Italia si attribuisse ad una generica “Italia” le proposte di legge del Parlamento, i vari passaggi di un testo in Senato, i decreti del governo, le affermazioni del presidente del Consiglio, le dinamiche dei diversi partiti, le sentenze della Corte Costituzionale e tanto altro. Insomma, non si capirebbe più niente e non si farebbe alto che attribuire all’ “Italia” meriti e colpe di un mare magnum normativo e politico del quale non si capirebbe niente, proprio come oggi succede con la “Ue”.
Qualche altro esempio: l’austerità non è stata imposta dall’Ue bensì decisa principalmente dall’Eurogruppo (19 ministri delle finanze dei Paesi dell’eurozona) e dal Consiglio europeo (capi di Stato e di governo). La Ue non si è lavata le mani degli immigrati in quanto la Commissione europea (esecutivo comunitario) aveva proposto un sistema di distribuzione obbligatorio poi cassato dal Consiglio Ue affari interni (28 ministri degli interni dei Paesi Ue). L’elenco potrebbe essere lunghissimo.
Una buona responsabilità ce l’hanno i media. Per esigenze di brevità, e a volte anche per un pizzico di ignoranza della materia europea, molti media utilizzano la “breve” sigla Ue a casaccio, stessa cosa per le città “Bruxelles”, “Strasburgo” e “Lussemburgo”, città diverse dove ci sono istituzioni diverse e appartenenti a contesti istituzionali diversi. Responsabilità anche per il sistema educativo italiano, dove l’educazione civica europea resta una chimera. Responsabilità, infine, anche ai politici nostrani, alcuni dei quali ignoranti come non mai, altri consapevoli ma ai quali fa comodo giocare sull’equivoco “Ue”.
Tornando alla sentenza della Corte europea dei diritti umani, come detto, non si tratta di un’istituzione dell’Unione europea, bensì di un organismo internazionale le cui sentenze i 47 Paesi europei (e non solo i 28 dell’Ue) si sono impegnati a rispettare in quanto la Corte è stata creata proprio per far rispettare la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali del 1950 alla quale, in teoria, tutti dovremmo credere.

  «L’Era dell’Anticristo inizierà nell’anno numero 7, quando il Grande Impostore sarà 2 volte 7 e 2 volte settimo. Ma prima di rivelarsi, l’...