“Pàntaclo
III – La Profezia” è l’ultimo volume della “Trilogia del Pàntaclo”.
«… E’
uno sporco lavoro, ma qualcuno deve pur farlo. Quando il demonio s’insinua
nelle pieghe dell’uomo, bisogna chiamare l’esorcista. Ogni volta che faccio un esorcismo
è come se entrassi in battaglia. Prima devo indossare la mia corazza: una stola
viola i cui lembi sono più lunghi di quelli che solitamente indossano i preti
quando dicono messa. La stola spesso la avvolgo attorno alle spalle del
posseduto. È efficace, serve a tranquillizzarlo quando, durante l’esorcismo, va
in trance, sbava, urla, acquisisce una forza sovrumana e attacca. Poi ho sempre
con me il libro in latino con le formule di esorcismo, dell’acqua benedetta che
a volte spruzzo sull’indemoniato e un crocefisso con incastonata la medaglia di
San Benedetto. È una medaglia particolare, molto temuta da Satana. La battaglia
dura ore e non si conclude quasi mai con la liberazione. Per liberare un
posseduto ci vuole tempo. Satana è difficile da sconfiggere. Spesso si
nasconde. Si cela. Cerca di non farsi trovare. L’esorcista deve stanarlo. Deve
obbligarlo a rivelargli il suo nome. E poi, nel nome di Cristo, deve obbligarlo
a uscire.
Satana
si difende con tutti i mezzi. L’unico che può parlare col posseduto è
l’esorcista che rivolge degli ordini a Satana. Non deve dialogare con lui, se
lo facesse, Satana lo confonderebbe fino a sconfiggerlo. Oggi faccio esorcismi
su cinque o sei persone al giorno. Fino a qualche mese fa ne facevo molti di
più, anche dieci o dodici, in qualsiasi giorno, anche di domenica, anche a
Natale. Col passare degli anni ho acquisito molta esperienza, ma ciò non
significa che il gioco sia più
facile. Ogni esorcismo è un caso a sé stante. Le difficoltà che incontro oggi
sono le medesime che incontrai la prima volta… ».
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