lunedì 30 marzo 2015

Bruciata viva in piazza, ora Farkhunda è diventata l'eroina di Kabul



Accusata ingiustamente di aver bruciato il Corano, è stata assalita da una folla di uomini davanti a un santuario. Ora si scopre che la ventisettenne di Kabul era una colta studiosa di diritto islamico, che aveva denunciato i ciarlatani che vendono amuleti portafortuna ai fedeli più ignoranti. Ed è stata uccisa per questo. 

E' stata uccisa in pieno giorno, pestata da una folla di uomini inferociti, il corpo schiacciato da una pietra pesante. Si è detto di lei che era debole di mente, una poveraccia capitata per caso davanti a un santuario, ingiustamente accusata di aver bruciato il Corano, vittima di un assassinio brutale.
Per la morte della 27enne Farkhunda, avvenuta a Kabul il 21 marzo scorso, sono scese in piazza oltre tremila persone. Molte erano donne, il volto dipinto di rosso a ricordare la sua faccia sfigurata dalle botte. Altre donne hanno portato la sua bara al funerale. A qualche giorno di distanza, una nuova verità emerge: quella di una giovane donna istruita, una studiosa della legge islamica indignata dalle pratiche superstiziose che si svolgevano davanti a uno storico santuario della sua città, uccisa perché disturbava gli affari dei mercanti del tempio.
E' il New York Times a tirare le somme delle indagini avviate a Kabul all'indomani della sua morte e in seguito all'indignazione popolare per l'accaduto: Farkhunda durante una cena di famiglia aveva annunciato la sua decisione di denunciare pubblicamente la vendita di amuleti portafortuna e preghiere da parte dei mullah come atto di superstizione  e contrario all'Islam.
A quanto pare, il suo atto di donna devota e istruita le è costato caro: un uomo ha cominciato a gridare che aveva bruciato il Corano, una folla inferocita le si è radunata intorno, gli uomini hanno cominciato a picchiarla e infine hanno dato fuoco al suo corpo.
Ora molti la considerano un'eroina, una martire del vero Islam. L'uomo che l'ha falsamente accusata di aver bruciato il Corano è in prigione e almeno un'altra ventina tra coloro che hanno partecipato al linciaggio sono in carcere.
Il New York Times riferisce ancora che aveva osato dare ai venditori di amuleti del "mendicante da due rupie" e aveva invitato i fedeli ad andare a pregare in un'altra moschea. Vendicata la sua memoria, resta la paura delle donne di Kabul. Che sanno bene come sia facile morire per strada, solo per aver osato parlare. E aver denunciato, come spesso accade, un "business" nato dall'ignoranza.

8 Marzo, FESTA DI TUTTE LE DONNE