Una precisazione: la sentenza della Corte di Strasburgo sul riconoscimento legale per le coppie dello stesso sesso non c’entra niente con l’Unione europea.
La Corte europea dei diritti umani (Cedu) con sede a Strasburgo ha stabilito che l’Italia deve introdurre il riconoscimento legale per le coppie dello stesso sesso. Al di là del giudizio di merito sulle unioni Lgbt, va sottolineato che l’opinione pubblica e buona parte dei media italiani hanno erroneamente attribuito la responsabilità di questa decisione all’Ue o all’Europa. In realtà la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo non è un’istituzione dell’Unione europea bensì un organo giurisdizionale internazionale alla quale aderiscono tutti i 47 membri del Consiglio d’Europa, un altro organo che non fa parte dell’Unione europea.
La Corte europea dei diritti umani (Cedu) con sede a Strasburgo ha stabilito che l’Italia deve introdurre il riconoscimento legale per le coppie dello stesso sesso. Al di là del giudizio di merito sulle unioni Lgbt, va sottolineato che l’opinione pubblica e buona parte dei media italiani hanno erroneamente attribuito la responsabilità di questa decisione all’Ue o all’Europa. In realtà la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo non è un’istituzione dell’Unione europea bensì un organo giurisdizionale internazionale alla quale aderiscono tutti i 47 membri del Consiglio d’Europa, un altro organo che non fa parte dell’Unione europea.
Un’inutile precisazione? Assolutamente no. In Italia troppo spesso si attribuiscono prese di posizione, sentenze e leggi ad una fantomatica “Ue” che in realtà vuol dire poco o niente. “L’Ue impone le unioni gay”. “L’Ue vieta il tonno rosso”. “L’Ue vuole l’austerità”. Tre frasi in bocca a milioni di persone, tre titoli letti in migliaia di giornali, non solo scorretti ma a ben guardare faziosi. Direttive, sentenze, prese di posizione e tanto altro sono il frutto di processi riconducibili a organismi ben più precisi che la generica “Ue” e che spesso, come nel caso della Cedu, non c’entrano niente con l’Unione europea.
Per comprendere i rischi che si corrono a buttare tutto nel calderone della “Ue”, è come se in Italia si attribuisse ad una generica “Italia” le proposte di legge del Parlamento, i vari passaggi di un testo in Senato, i decreti del governo, le affermazioni del presidente del Consiglio, le dinamiche dei diversi partiti, le sentenze della Corte Costituzionale e tanto altro. Insomma, non si capirebbe più niente e non si farebbe alto che attribuire all’ “Italia” meriti e colpe di un mare magnum normativo e politico del quale non si capirebbe niente, proprio come oggi succede con la “Ue”.
Qualche altro esempio: l’austerità non è stata imposta dall’Ue bensì decisa principalmente dall’Eurogruppo (19 ministri delle finanze dei Paesi dell’eurozona) e dal Consiglio europeo (capi di Stato e di governo). La Ue non si è lavata le mani degli immigrati in quanto la Commissione europea (esecutivo comunitario) aveva proposto un sistema di distribuzione obbligatorio poi cassato dal Consiglio Ue affari interni (28 ministri degli interni dei Paesi Ue). L’elenco potrebbe essere lunghissimo.
Una buona responsabilità ce l’hanno i media. Per esigenze di brevità, e a volte anche per un pizzico di ignoranza della materia europea, molti media utilizzano la “breve” sigla Ue a casaccio, stessa cosa per le città “Bruxelles”, “Strasburgo” e “Lussemburgo”, città diverse dove ci sono istituzioni diverse e appartenenti a contesti istituzionali diversi. Responsabilità anche per il sistema educativo italiano, dove l’educazione civica europea resta una chimera. Responsabilità, infine, anche ai politici nostrani, alcuni dei quali ignoranti come non mai, altri consapevoli ma ai quali fa comodo giocare sull’equivoco “Ue”.
Tornando alla sentenza della Corte europea dei diritti umani, come detto, non si tratta di un’istituzione dell’Unione europea, bensì di un organismo internazionale le cui sentenze i 47 Paesi europei (e non solo i 28 dell’Ue) si sono impegnati a rispettare in quanto la Corte è stata creata proprio per far rispettare la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali del 1950 alla quale, in teoria, tutti dovremmo credere.