A questo punto non si vede cosa possano fare Tsipras e gli altri del governo di Atene: le richieste che la Troika e gli altri creditori hanno messo sul tavolo, guidati dai soliti falchi eurocrati pro austerity, mirano a stringere ancor di più il cappio al collo dei poveri greci, e non lasciano quindi altra scelta che quella di uscire il più fretta possibile da una trappola che si è rivelata infernale. Ma uscire non è consentito (teoricamente) per chi ci è entrato, davvero una bella trappola!
Nessuno minaccia di fare la guerra alla Grecia se non pagherà i suoi debiti alle scadenze pattuite, la Grecia però, se non troveranno un accordo per la ristrutturazione del debito in pochissimi giorni, entrerà in un cataclisma economico-finanziario di grande portata e gravità. Infatti già ora in Grecia c’è la corsa a prosciugare i conti bancari per recuperare tutto ciò che è possibile e la Banca Centrale Europea è già dovuta intervenire a fornire un po’ di liquidità, ma certamente non basterà se si arriverà alla rottura.
Il vero problema però è che, a questo punto, uscire dall’euro è persino, per i greci, più conveniente che restare. Benché, come ho già detto sopra, uscire dall’euro sarebbe un passaggio dolorosissimo per i greci, con tutto ciò che ne conseguirà nell’immediato, tuttavia nel medio lungo periodo la prospettiva migliore è senza dubbio quella di uscire.
Non sono l’unico a pensarla così, ovviamente, anzi, molti economisti di gran fama (come Krugmanm, per esempio), pur senza esprimersi esplicitamente a favore della Grecia, esprimono opinioni che non lasciano dubbi sul loro orientamento.
Che cosa ci guadagnerebbe la Grecia a cedere alle condizioni capestro della Troika e dei creditori? Solo, un po’ di respiro sul piano finanziario, e solo per qualche mese, forse un anno, e poi tutto sarebbe daccapo e con una situazione persino peggiore di quella attuale perché:
1) senza una robusta ristrutturazione del debito la Grecia non può uscire da una crisi tremenda che è già diventata un rapido vortice depressivo;2) la fiducia che i greci hanno riposto nel nuovo governo si squaglierà più rapidamente della neve al sole, quindi verrebbe a mancare anche quella speranza e coesione necessaria a sostenere i sacrifici (impossibili) che i creditori chiedono;
3) l’appartenenza all’euro priverebbe ancora la Grecia della possibilità di agire secondo le proprie scelte e interessi economici (non quelli di Germania & C.) per far ripartire la propria economia e trarre almeno profitto dalla gravissima situazione depressiva in cui si trova.
3) l’appartenenza all’euro priverebbe ancora la Grecia della possibilità di agire secondo le proprie scelte e interessi economici (non quelli di Germania & C.) per far ripartire la propria economia e trarre almeno profitto dalla gravissima situazione depressiva in cui si trova.
Tra l’altro, entrando più a fondo nelle previsioni pro-cicliche del bilancio greco (è lo stesso Krugman a fare i calcoli) nel grafico del budget primario (escludendo cioè la spesa degli interessi sul debito) appare persino l’incredibile figura della Grecia in testa alla classifica europea dei migliori (in questa classifica l’Italia è seconda, seguita da Portogallo e Germania). Questo significa che non è assolutamente vero che i greci non vogliono fare sacrifici, i sacrifici li hanno fatti e hanno prodotto buoni risultati anche, solo che in una situazione depressa come quella che gli sciagurati ‘statisti’ europei hanno creato, è impossibile uscire da una crisa grave per chi si è trovato sul groppone un debito pesantissimo lasciato in eredità da chi ha governato in precedenza.
Una feroce critica sulla presunta incapacità dei greci di fare vita ‘morigerata’ viene proprio da un economista italiano: Francesco Giavazzi, che sul Financial Times sostiene apertamente che in cinque anni di crisi i greci non hanno imparato ancora niente. Meglio andare avanti senza di loro! A rispondergli è Karl Whelan su Bull market che sfodera tutta una serie di tabelle e grafici a dimostrare che il popolo greco ha già sopportato una pesantissima serie di sacrifici, e se non sono bastati non è colpa loro. Giavazzi tuttavia, nello stesso articolo sul Times, dice anche una cosa molto giusta: “(…) l’euro però non puo essere il sostituto di una indispensabile integrazione politica. Senza tale integrazione l’euro non può sopravvivere. Oggi la Grecia si trova proprio in mezzo a questo ingranaggio che non funziona”.
Non basta però guardare solo da una parte. Nella situazione venutasi a creare oggi un problema gigantesco ce l’hanno anche i creditori, che non sono però già più gli stessi che hanno originato quel debito insopportabile della Grecia. Oggi, grazie alla facilità con cui i soldi girano e cambiano colore, quel debito originario ha già cambiato mano, forse anche più volte. Ricorda un po’ (ma con significative differenze) quello che è già successo nella prima decade del millennio con i titoli dei subprime mortgages. Chi ha emesso quei titoli non ha aspettato che arrivassero a scadenza per riscuoterli ma li ha trasformati in titoli di risparmio rifilati a ignari investitori che poi hanno perso soldi, mentre i truffatori guadagnavano miliardi.
Anche in questo caso, i prestiti concessi originariamente ai greci dalle banche sono già stati sostituiti in gran parte da altri prestiti concessi dalla ‘Troika’ (Fmi, Ce, Bce) e purtroppo saranno i creditori di oggi a restare col ‘cerino acceso’ in mano se la Grecia andrà in default, non quelli che hanno originato il credito (e nemmeno quelli che hanno sottoscritto il debito).
Che fare? Personalmente sono convinto che entro lunedì troveranno un accordo per mantenere la Grecia nell’euro e nell’Europa, ma (a meno che vengano accolte tutte le richieste dei greci) alle condizioni attuali la convenienza dei greci è decisamente quella di uscire di corsa dall’euro, senza tentennamenti!