lunedì 13 aprile 2015

L'Italia a pezzi



Quello che è accaduto l'altro giorno sulla autostrada Palermo-Catania ha veramente dell'incredibile. O forse, più che dell'incredibile del non credibile. Io non posso credere che in una nazione civilizzata facente parte del G8, possa, d'improvviso e senza una causa apparente, franare un viadotto dell'autostrada tagliando di fatto la Sicilia in due.
I pm di Termini Imerese stanno indagando per disastro colposo. Gli esperti hanno subito emesso una sentenza che lascia senza parole: i lavori di ripristino potrebbero durare anni e non riguarderanno solo la campata dell'autostrada ma anche il tratto della statale 120 Scillato-Calvaturo, dove si è verificato l'ultimo movimento lungo la frana aperta 10 anni fa. La strada si è abbassata e a valle si è formata una voragine.
"Bisognerà demolire quattro campate del viadotto che è stato inclinato dal fronte di frana - spiegava sabato il direttore dell'Anas Sicilia, Salvatore Tonti - ma ci hanno spiegato che non hanno la tecnologia per questo intervento". Parole da brivido: detto in soldoni non siamo in grado, allo stato attuale, di mettere in pratica gli interventi richiesti. L'unica cosa che potrà per ora essere fatta, è procedere alla demolizione del viadotto inclinato. Così si potrà valutare se l'altra carreggiata, quella in direzione Palermo, possa essere riaperta a senso alternato consentendo di aprire di nuovo l'autostrada.
Come sempre in questi casi in ossequio alla sana abitudine italiota, sulla vicenda divampa la polemica politica con tutti che accusano tutti di inettitudine e incapacità di prevenire i disastri ambientali.
Al di là delle responsabilità singole o collettive che probabilmente, come sempre, non verranno mai accertate, anche in questo caso si possono fare alcune semplici riflessioni.
Questa frana non è un indizio, ma è la prova non solo della mancanza di monitoraggi, cure e manutenzioni ordinarie del nostro territorio più fragile nelle Regioni più a rischio, ma anche di sciatteria, disorganizzazione, disattenzioni, abusi, scarsissimo interesse anche nel dibattito pubblico al gravissimo problema del dissesto idrogeologico.
Quanti altri ponti dovranno franare perché una volta per tutte, invece di spendere miliardi di euro per il programma F35 (che tanto poi l'Aeronautica non avrà i soldi per farli volare), si destinino risorse vere e non pochi spiccioli a cercare di sistemare il territorio di questo nostro povero paese martoriato?
Ah, una piccola postilla. Questa volta siamo stati fortunati. Non ci sono state vittime.          
     

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